Con la recentissima sentenza n. 13246/19 le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione sono intervenute sul tema spinoso – oggetto nel tempo di una vivace querelle giurisprudenziale e dottrinale – della responsabilità civile dello Stato e degli enti pubblici per le condotte illecite commesse dai propri funzionari o dipendenti che siano penalmente rilevanti.
La pronuncia è molto chiara ed introduce l’innovativo principio di diritto secondo cui è la Pubblica amministrazione a rispondere civilmente – in via diretta – dei danni a terzi causati dall’illecitodel proprio dipendente, anche se questi abbia approfittato delle relative attribuzioni; dunque, per i danni cagionati a terzi dal fatto penalmente illecito del dipendente pubblico, risponde civilmente lo Stato o l’ente pubblico di appartenenza. Questo anche quanto il dipendente abbia approfittato delle sue attribuzioni ed agito per finalità esclusivamente personali od egoistiche ed estranee a quelle dell’amministrazione.
A tal fine, è sufficiente che la sua condotta sia legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri che il dipendente esercita o di cui è titolare, ovvero “che la condotta illecita dannosa – e, quale sua conseguenza, il danno ingiusto a terzi – non sarebbe stata possibile, in applicazione del principio di causalità adeguata ed in base ad un giudizio controfattuale riferito al tempo della condotta, senza l’esercizio di quelle funzioni o poteri che, per quanto deviato o abusivo od illecito, non ne integri uno sviluppo oggettivamente anomalo”.
Alla stregua di tale elaborazione, il nesso di occasionalità necessaria (e la responsabilità del preponente) sussiste nella misura in cui le funzioni esercitate abbiano determinato, agevolato o reso possibile la realizzazione del fatto lesivo, nel qual caso è irrilevante che il dipendente abbia superato i limiti delle mansioni affidategli, od abbia agito con dolo e per finalità strettamente personali (in questo senso già: Cass. 24/09/2015, n. 18860; Cass. 25/03/2013, n. 7403); alla condizione però che la condotta del preposto costituisca pur sempre il non imprevedibile sviluppo dello scorretto esercizio delle mansioni, non potendo il preponente essere chiamato a rispondere di un’attività del preposto che non corrisponda, neppure quale degenerazione od eccesso, al normale sviluppo di sequenze di eventi connesse all’espletamento delle sue incombenze. Con la conseguenza che “l’ente pubblico o lo Stato andranno esenti dalle conseguenze dannose di quelle condotte, anche emissive, poste in essere dal preposto in estrinsecazione dei poteri o funzioni o attribuzioni conferiti, che fosse inesigibile prevenire o raffigurarsi oggettivamente come sviluppo non anomalo, secondo un giudizio controfattuale oggettivizzato ex ante, di quell’estrinsecazione, quand’anche distorta o deviata o vietata: in tanto assorbita od a tanto ricondotta, almeno quanto alla sola qui rilevante fattispecie dei danni causati dall’illecito del pubblico funzionario, ogni altra conclusione sull’occasionalità necessaria, tra cui l’estensione alla mera agevolazione della commissione del fatto.
In conclusione pertanto, le Sezioni Unite hanno ritenuto essere fonte di responsabilità dello Stato o dell’ente pubblico, in via concorrente rispetto alla responsabilità diretta del funzionario ex art. 28 della Costituzione, “…anche i danni determinati da condotte del funzionario o dipendente, pur se devianti o contrarie rispetto al fine istituzionale del conferimento del potere di agire, purché:
- si tratti di condotte a questo legate da un nesso di occasionalità necessaria, tale intesa la relazione per la quale, in difetto dell’estrinsecazione di detto potere, la condotta illecita dannosa – e quindi, quale sua conseguenza, il danno ingiusto – non sarebbe stata possibile, in applicazione del principio di causalità adeguata ed in base al giudizio controfattuale riferito al tempo della condotta;
nonché
- si tratti di condotte raffigurabili o prevenibili oggettivamente, sulla base di analogo giudizio, come sviluppo non anomalo dell’esercizio del conferito potere di agire, rientrando nella normalità statistica pure che il potere possa essere impiegato per finalità diverse da quelle istituzionali o ad esse contrarie e dovendo farsi carico il preponente delle forme, non oggettivamente improbabili, di inesatta o infedele estrinsecazione dei poteri conferiti o di violazione dei divieti imposti agli agenti…”.
E’ superfluo rimarcare come tale pronuncia possa avere un campo di applicazione davvero notevole, dando spazio a numerosissime richieste e pretese risarcitorie da parte dei privati cittadini avverso la P.A.
Avv. Francesco Chinni