Come noto, la Naspi consiste in una prestazione economica prevista per gli eventi di disoccupazione involontaria – ossia non dipendente direttamente dal comportamento o condotta del lavoratore –introdotta nel 2015 dal c.d. Jobs Act, che ha attuato una profonda modifica nel sistema degli ammortizzatori sociali. Pertanto, in linea generale, le ipotesi di esclusione attengono ai casi in cui il lavoratore abbia invece interrotto volontariamente il rapporto di lavoro, a seguito di dimissioni o di risoluzione consensuale. Salvo però le seguenti fattispecie:

  • dimissioni per giusta causa;
  • dimissioni durante il periodo tutelato di maternità;
  • risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, se verificatasi in una delle seguenti circostanze:

– nell’ambito della procedura di conciliazione presso la DTL ex art.7, L. n.604/66;

– a seguito del rifiuto del lavoratore di trasferirsi presso un’altra sede dell’azienda che disti più di 50 km dalla residenza del lavoratore e / o sia raggiungibile con i mezzi pubblici in 80 minuti o più;

– licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui all’art. 6 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 oppure disciplinare.

Il contributo può essere riconosciuto alla generalità dei lavoratori subordinati, gli apprendisti ed i dipendenti a tempo determinato della PA, fatta però eccezione per alcune categorie tra cui: 

  • dipendenti a tempo indeterminato delle PA; 
  • lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale; 
  • lavoratori che hanno ottenuto i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato; 
  • operai agricoli;
  • lavoratori titolari di assegno ordinario di invalidità, se non optano per la Naspi.

La normativa inizialmente dettata in materia prevedeva, affinché il lavoratore potesse fruire di questo beneficio, anche ulteriori due requisiti ossia che lo stesso avesse maturato almeno 13 settimane di contribuzione nell’ultimo quadriennio, nonché fosse stato occupato per almeno 30 giornate di lavoro negli ultimi 12 mesi.

Tuttavia, anche in considerazione della crisi di occupazione creata dalla pandemia, nell’ultimo anno purtroppo una platea molto vasta dei laboratori ha perduto il diritto alla fruizione di questo contributo economico. Infatti, a fronte di una stima compiuta circa il panorama dei disoccupati in Italia, è stato recentemente riscontrato un dato preoccupante: circa 139.000 lavoratori non hanno raggiunto il requisito delle 30 giornate di lavoro negli ultimi dodici mesi, rimanendo conseguentemente esclusi dalla possibilità di accedere alla Naspi. Pertanto, il Decreto Sostegni – nel tentativo di arginare tale problematica – ha reso meno stringenti i requisiti sino ad oggi previsti eliminando – a far data dal 23 marzo e fino al 31 dicembre 2021 – il vincolo dei 30 giorni di lavoro effettivi.

Pertanto, come anche confermato dall’INPS nelle ultime circolari, l’accesso alla Naspi fino alla fine del 2021 è ammesso quindi a patto di rispettare i seguenti requisiti:

  • stato di disoccupazione involontario;
  • tredici settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.

In conclusione, le recentissime modifiche apportate in materia, seppur di carattere temporaneo e provvisorio, consentiranno l’estensione del campo di applicazione di questo importante strumento di sostegno economico potendone ora beneficiare anche migliaia di lavoratori sino a ieri invece impossibilitati a farne richiesta poichè sforniti dei relativi requisiti.

 

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