Continuiamo a parlare di Recupero Crediti. le fatture insolute sono un problema sempre più importante per aziende e liberi professionisti. oltre il 30% delle aziende dichiara di avere fatture insolute dal tempo. in questo articolo vedremo cosa si può fare per ottenere il pagamento.
Purtroppo, come ben noto, i dati statistici dell’ultimo trimestre confermano un trend molto preoccupante per l’economia nazionale, attestando che le aziende hanno registrato un calo dell’utile medio pari al 36%; inoltre, quanto ai pagamenti del 1° semestre 2022, su un campione di 2500 imprese, il 37% degli intervistati dichiara di avere almeno due fatture da incassare, mentre il 30% che oltre quattro fatture sono ormai insolute da tempo. Dunque, il legale che affianca l’azienda o il professionista nel recupero di un credito oggetto di fattura, deve necessariamente conoscere approfonditamente l’iter procedimentale che può consentire al cliente di ottenere un risultato soddisfacente in tempi ragionevoli e a fronte di costi contenuti.
Le fasi di questa attività sono ben scandite e le possiamo schematizzare in questo modo.
Fase stragiudiziale
- Analisi di fattibilità giuridica e convenienza economica: i primi passi da compiere consistono necessariamente nel verificare:
i) se vi sono i presupposti giuridici per recuperare il credito, i relativi termini di prescrizione e, con l’ausilio di agenzie investigative titolari di licenza TULPS;
ii) analizzare la consistenza del patrimonio del debitore (mobiliare/immobiliare/partecipazioni in società), eventuali protesti, pregiudizievoli e/procedure concorsuali a carico dello stesso;iii) se è conveniente procedere con l’attività di recupero e, in tale ipotesi, procedere con i passi successivi.
- Diffida di pagamento (art. 1454 c.c.): trascorsi i termini di pagamento della fattura, il legale – quantificando il credito in linea capitale, interessi di mora (calcolati il secondo il tasso fissato dalla Banca Centrale Europea) e spese legali (secondo il tariffario forense) – tramite raccomandata a/r o PEC – intima al debitore di provvedere (entro un termine solitamente variabile tra i 5 e i 10 giorni) al relativo pagamento, con avvertimento che, in difetto, si procederà all’azione giudiziale. L’intimazione ha un duplice effetto giuridico immediato: i) mettere in mora il debitore (quando non lo è già ex lege-art. 1219 c.c.); ii) interrompere i termini di decadenza e prescrizione del credito.
- Chiusura del recupero stragiudiziale: eventuale formalizzazione di accordi con il debitore (piani di rientro garantiti, transazioni a saldo/stralcio, etc…) o messa a perdita del credito secondo la disciplina fiscale più appropriata. In caso di insuccesso delle precedenti fasi, prosecuzione con la fase giudiziale.
Fase giudiziale
- Ricorso per decreto ingiuntivo: previa autentica notarile della fattura, il legale deposita il ricorso telematico per ottenere un decreto ingiuntivo. Se l’ammontare del credito è inferiore a € 5.000,00 il ricorso va presentato al Giudice di Pace, in tutti gli altri casi l’istanza andrà presentata al Tribunale: si tratta di una procedura molto più semplice e veloce rispetto alla classica causa civile, che si conclude con l’ingiunzione al debitore di pagamento entro 40 giorni (ovvero immediatamente nel caso in cui ci sia un riconoscimento del debito oppure il soggetto ingiunto versi in condizioni di sostanziale pericolo di insolvenza), che deve essere notificata a quest’ultimo soggetto entro 60 giorni.
- Fase esecutiva di recupero: qualora il debitore non ottemperi all’ingiunzione e non proponga opposizione nel termine di legge il legale – previa apposizione della formula esecutiva al decreto e notifica di un atto di precetto e successivo pignoramento – l’avvocato procederà all’avvio della procedura esecutiva (mobiliare o immobiliare) più appropriata sulla base delle informazioni acquisite nella fase investigativa stragiudiziale, che potrà condurre all’effettivo recupero del credito, oppure alla sua messa in perdita secondo la disciplina fiscale più conveniente.
- Fase di opposizione al decreto ingiuntivo: qualora il debitore proponga opposizione entro il termine di legge, si aprirà invece un procedimento ordinario, durante il quale il creditore dovrà dimostrare la sussistenza della pretesa oggetto di ingiunzione.
LE SPESE E IL TRATTAMENTO FISCALE DELL’ ATTIVITA’ DI RECUPERO
La normativa fiscale in tema di messa a perdite di crediti inevasi è contenuta nel TUIR (L. 134/2012), il cui perno è costituito dal comma 5 dell’articolo 101 che dispone una disciplina complessa dettando le condizioni per cui un credito sia dichiarato a tutti gli effetti inesigibile.
La prima discriminante per poter portare automaticamente un credito a perdita in bilancio è che questo possa definirsi di “modesta entità”: il credito deve essere scaduto da almeno 6 mesi e avere un valore inferiore ai € 2.500,00 per tutte le imprese che fatturano meno di 150 milioni di euro (valore che sale a € 5.000,00 per le imprese che superano i 150 milioni di euro di fatturato). Fatta salva la categoria di crediti appena citati, per tutti gli altri crediti sono fondamentalmente quattro le condizioni che possono categorizzarli come inesigibili:
i) una relazione di mancato recupero redatta da un legale (o agenzia di recupero crediti);
ii) il comprovato stato di insolvenza del debitore;
iii) l’irreperibilità del debitore;
iv) il manifestarsi di procedure concorsuali in capo al debitore (es. accordi di ristrutturazione dei debiti, fallimenti).
È opportuno sottolineare che, il nostro ordinamento (D.Lgs. n. 231/02) dispone che tutti i costi e le spese vive che il creditore è tenuto ad anticipare al legale – sia nel caso di trattativa stragiudiziale che nel caso di azione giudiziale – verranno successivamente recuperati poiché posti a carico del debitore in fase conciliativa oppure tramite liquidazione giudiziale.