Inquadramento generale della fattispecie
“Verba volant, scripta manent”, dicevano i romani, facendo riferimento alla differenza fra ciò che è scritto, di cui rimane traccia, e le parole proferite oralmente, delle quali invece si perde ogni evidenza.
L’avvento della tecnologia a cui si è assistito negli ultimi decenni ha, in qualche modo, mutato questo paradigma. Infatti, è ormai sufficiente possedere un telefono cellulare per registrare – e dunque conservare – ogni tipo di conversazione, che sia in presenza o da remoto.
Poiché l’utilizzo di tali strumenti coinvolge necessariamente diritti e interessi tra loro potenzialmente confliggenti – il diritto alla privacy ed alla riservatezza della persona registrata (D. Lgs. 196/2003, che trova suo fondamento sia nella carta costituzionale sia in numerosi provvedimenti) e il diritto a potersi difendere tramite le prove a disposizione della parte – è evidente che il relativo bilanciamento costituisce da tempo un tema largamente divisivo, sul quale il nostro ordinamento e quello comunitario, sia in campo civilistico che penalistico, sono più volte intervenuti con un con un profluvio di provvedimenti, spesso pure fra loro in conflitto.
Infatti, sulla base di tale complessa normativa, occorre tenere presente – da un lato e in linea generale – che mentre la registrazione di una conversazione, senza aver acquisito il preventivo consenso degli interessati all’acquisizione dei dati ed al loro trattamento, può rappresentare una grave violazione del diritto alla riservatezza, dall’altro, né è invece permesso l’utilizzo anche a prescindere dal consenso dell’interessato, quando ciò sia reso necessario per far valere o difendere un diritto, e a condizione che quest’ultima sia la finalità esclusiva e purché lo stesso non si protragga oltre il periodo strettamente necessario per il suo perseguimento.
In estrema sintesi, sulla base di tale complesso e articolato quadro normativo, è possibile affermare che le registrazioni audio sono oggi consentite – a condizione che siano eseguite entro il perimetro di legalità sopra succintamente tracciato – tanto da poter ormai costituire un importante strumento di prova, in particolare nel settore del lavoro dipendente: sia perché possono essere precostituite rispetto al giudizio (e, dunque, possono avere un peso decisivo anche nella fase precontenziosa), sia perché consentono di dimostrare fatti altrimenti destinati a rimanere solo nella memoria di chi vi ha assistito.
I precisi confini di tale ricetta sono stati nel tempo tracciati dalla copiosa giurisprudenza pronunciatasi in materia, che recentemente ha accolto il principio secondo cui, in sostanza, chi dialoga con altre persone “accetta il rischio” che queste possano registrarlo, e pertanto, in applicazione degli esposti principi, ha ritenuto la registrazione audio utilizzabile come prova, purché finalizzata alla tutela di un diritto proprio o altrui. Differente è, invece, il caso della registrazione fatta da una persona estranea alla conversazione che, al contrario, è lesiva del diritto alla riservatezza dei parlanti e costituisce reato di “interferenza illecita nell’altrui vita privata” (art. 615-bis c.p.c.). Allo stesso modo, è vietato registrare nell’altrui dimora o nei luoghi ad essa equiparati come un ufficio privato o studio professionale, il retrobottega di un negozio oppure l’automobile altrui. Tuttavia, come vedremo, a quest’ultima regola ci sono alcune rilevanti eccezioni.
Le registrazioni audio nel processo del lavoro
Molto spesso il lavoratore che viene vessato o, più semplicemente, ha il timore di subire dei soprusi, oppure che vuole agire per ottenere il riconoscimento e la tutela dei propri diritti, si chiede se può registrare in modo occulto le conversazioni con il datore di lavoro o con il superiore, o anche solo con i colleghi, e se rischia di essere sanzionato qualora venisse scoperto e, ancora, se poi possa in un futuro utilizzare le registrazioni come prove. Si pensi ad esempio al caso del lavoratore assunto “in nero” che intende premunirsi di prove finalizzate alla dimostrazione dell’effettiva esistenza del rapporto di lavoro subordinato, o ancora al dipendente che intende documentare atti discriminatori effettuati dal principale.
Orbene, i principi generali in tema di registrazione appena esposti sono applicabili anche al lavoro dipendente e, dunque è possibile sostenere che il lavoratore possa registrare i colleghi ed il proprio datore di lavoro all’interno dei locali aziendali, ma a condizione che sia strettamente necessaria per far valere o per tutelare un proprio diritto e rimanga nell’alveo della legittimità: è indispensabile quindi – come statuito dalla costante giurisprudenza – che l’autore della registrazione sia presente e autorizzato ad assistere alla riunione, e che tale strumento sia strettamente strumentale rispetto alla finalità dell’esercizio del diritto di difesa, tenendo comunque necessariamente conto, anche in questo ambito, del divieto di registrazione per il terzo estraneo. Conseguentemente, qualora, ad esempio, il dipendente pensasse di celare un dispositivo per poter registrare riunioni alle quali non partecipa, si configurerebbe non più una registrazione occulta, ma una intercettazione illecita e vietata, costituente un vero e proprio reato (art. 615-bis c.p.) oltre a rappresentare un comportamento rilevante sul piano disciplinare, punibile anche con il licenziamento (Cass. Sez. Lav. 27424/2014, Cass. Sez. Lav. 11322/2018, Cass. Sez. Lav. 11999/2018 e Cass.Lav. 2/11/2021)..
Ciò premesso in punto di liceità, appare superfluo sottolineare come l’utilizzo di questo strumento sia di grande importanza nell’ambito lavorativo, ove la finalità di tutelare i propri diritti può essere presente anche prima che si instauri formalmente una controversia in sede giudiziale o stragiudiziale.
Il valore probatorio delle registrazioni audio
Occorre infine precisare che nel procedimento civile la registrazione audio (come ogni altra c.d. “riproduzione meccanica”) fa “piena prova” (art. 2712 c.c.) e dunque i fatti registrati sono da ritenersi completamente dimostrati e di per sé idonei a fondare il convincimento del Giudice, salvo il caso in cui la persona registrata ne disconosca – in modo preciso e con argomentazioni valide – il relativo contenuto, in tal caso comunque potendosi attribuire da parte del Giudice – in combinazione con altri strumenti istruttori (testimonianze e/o documenti) un valido argomento di prova da porre a fondamento della propria decisione.