Cambio Sede Lavorativa per distacco

 

Cosa fare se il tuo datore di lavoro ti cambia la sede lavorativa in caso di Distacco?

Cosa fare se il tuo datore di lavoro Cambia La sede Lavorativa in caso di distacco

Nei precedenti articoli abbiamo introdotto il tema del distacco dei lavoratori e quali siano i limiti del suo utilizzo da parte dell’azienda e quali siano i diritti dei lavoratori distaccati, vediamo adesso cosa può fare un lavoratore a cui l’azienda ha cambiato la sede lavorativa. 

Distacco, legittimo per l’azienda

Il distacco dei lavoratori rappresenta un modo legittimo di esercizio del potere direttivo e organizzativo attribuito dalla legge al datore di lavoro nella gestione della sua attività d’impresa, il cosiddetto “jus variandi”.

Il distacco, pertanto, è ricompreso nel novero di facoltà attribuite dalla legge al datore di lavoro – al fine di gestire al meglio l’attività imprenditoriale – che comportano il mutamento di determinate condizioni del rapporto di lavoro, come nel caso del trasferimento e della trasferta o missione.

Proprio in quanto esercizio di un potere datoriale, il distacco in linea di massima non può essere rifiutato dal lavoratore subordinato.

Tale potere, però – come già visto – non può essere esercitato in modo arbitrario, ma è sottoposto a precisi limiti e condizioni, che in caso di mancato rispetto rendono il distacco illegittimo.

Cosa può fare il lavoratore?

Il lavoratore che ravvisi l’assenza delle condizioni previste ha la possibilità – e il dovere morale – di contestare e impugnare il provvedimento di distacco per ottenerne l’annullamento attraverso l’assistenza di un legale di fiducia esperto nella materia , il quale opererà, a seconda delle situazioni, in via stragiudiziale o giudiziale.

Ulteriori requisiti per il distacco 

Ci sono, inoltre, delle ipotesi in cui la legge fissa dei requisiti ulteriori per la validità del provvedimento di distacco:

  • Distacco che comporta un mutamento di sede ad una distanza maggiore di 50 km dalla precedente unità produttiva.

In questo caso, alle condizioni già previste dalla normativa generale sul distacco si aggiunge la necessità di comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.

 

  • Distacco che comporta un mutamento delle mansioni

È doveroso qui distinguere fra assegnazione di mansioni equivalenti, superiori e inferiori.

Nel primo caso ci si riferisce all’assegnazione a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento, come previsto dall’art. 2103 c.c. Questo tipo di mutamento è una facoltà del datore di lavoro, ma in caso di distacco, richiede il consenso del lavoratore distaccando, altrimenti il distacco è illegittimo.


Nel secondo caso si tratta di mansioni riconducibili ad un inquadramento superiore. Resta comunque necessario il consenso del lavoratore ai fini della validità del distacco, tuttavia – ai sensi del già citato art. 2103 c.c.- il lavoratore ha diritto alla retribuzione e contribuzioni previste per il corrispondente livello e categoria legale.
In caso di mancata regolarizzazione retributiva e contributiva, si ritiene che il lavoratore possa ottenerne il versamento anche dal distaccatario.

Nel terzo caso, invece, si fa riferimento ad un demansionamento. Si tratta dell’assegnazione a mansioni che caratterizzano livelli inquadramentali inferiori e che, in generale, richiede  il rispetto di specifiche garanzie e condizioni, sempre disciplinate dall’art. 2103 c.c., di cui parleremo più approfonditamente nei prossimi articoli. Qualora al distacco si accompagni un demansionamento, dunque, oltre al consenso del lavoratore dovranno sussistere tali requisiti.

In mancanza degli stessi, il demansionamento sarà illegittimo, rappresentando una grave violazione del datore di lavoro agli obblighi posti a suo carico e un pregiudizio alla dignità professionale del lavoratore.

In tale ipotesi è opportuno rivolgersi ad un legale di fiducia esperto nel diritto del lavoro per ottenere la cessazione della condotta demansionatoria e/o il risarcimento del danno.

 

 

Mutamento di sede e dimissioni per giusta Causa

 

Le comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive richieste per il distacco oltre 50 km sembrano ricalcare quelle indicate dall’art. 2103 c.c. ai fini del trasferimento del lavoratore.

È stato chiarito in più occasioni dall’INPS e dalla giurisprudenza che, in caso di trasferimento a sede distante oltre 50 km dalla precedente, il lavoratore ha la possibilità di dimettersi per giusta causa e ottenere la NASpI, anche se il trasferimento è legittimo.

È dibattuto se vi sia la stessa facoltà per il lavoratore distaccato a unità produttiva più distante di 50 km dalla precedente: da un lato, infatti, trasferimento e distacco hanno caratteristiche diverse (tra cui, soprattutto, il termine temporale), dall’altro anche il lavoratore distaccato ad una sede particolarmente lontana potrebbe trovarsi nella condizione di sostanziale impossibilità a rendere la prestazione lavorativa a lui non imputabile e, dunque, costretto a dimettersi.

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