Mobbing Sul Lavoro
Che cos’è il mobbing sul lavoro e quali sono i segnali di allarme?
Definizione di Mobbing
Si sente sempre più spesso parlare di mobbing, a volte in maniera confusa. In questo articolo cercheremo di fare chiarezza su cosa sia il mobbing sul lavoro. Il termine mobbing deriva dal verbo inglese to mob, che letteralmente significa “assaltare”, “assalire” o “attaccare”, e identifica una tipologia di abuso esercitata da una persona o un gruppo di persone nei confronti di uno o più soggetti.
Forme di mobbing possono verificarsi in vari ambiti e contesti sociali: si parla infatti di mobbing in ambito familiare, e persino la biologia comportamentale definisce con questo vocabolo alcune situazioni che si verificano nel mondo animale.
Il termine venne utilizzato inizialmente a livello sociologico/psicologico, e solo successivamente venne attribuito alla parola mobbing un vero e proprio rilievo giuridico, soprattutto con riferimento al contesto lavorativo.
Nel mondo del diritto del lavoro il mobbing rappresenta quell’insieme di condotte vessatorie, ostili e persecutorie poste in essere da superiori e/o colleghi nei confronti di un lavoratore, al fine di colpirlo, emarginarlo e spesso estrometterlo dal contesto aziendale.
Sul punto occorre però fare una precisazione: non ogni comportamento ostile, vessatorio o estromissivo, per quanto illecito, può essere definito come una forma di mobbing. Come infatti verrà spiegato in questa breve guida, per poter parlare concretamente di mobbing occorre riscontrare – e dimostrare – molteplici elementi oggettivi e univoci. Ciò non toglie che in ambito lavorativo possono verificarsi forme di abuso meno gravi del mobbing, che però presentano alcuni tratti comuni, come, ad esempio, lo straining.
Che cosa si intende per Mobbing dal punto di Vista Legale
È bene precisare che, nonostante il mobbing sia un fenomeno purtroppo abbastanza diffuso, la legislazione lavoristica italiana è carente di una disciplina ad hoc del fenomeno e persino di una definizione normativa univoca.
Come meglio si vedrà, il principale “appiglio legislativo”, che consente di attribuire una rilevanza giuridica al fenomeno, è l’art. 2087 c.c. che notoriamente è finalizzato a tutelare l’integrità psicofisica e la personalità morale dei lavoratori subordinati attraverso una formulazione particolarmente ampia.
Dunque, in mancanza di norme scritte, per comprendere correttamente cos’è il mobbing è necessario partire dalla definizione offerta sul punto dalla giurisprudenza e, in particolare, dalla Corte di cassazione.
È stato infatti affermato che “per “mobbing” si intende comunemente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità” (Cass. n, 22393/2012; n. 3875/09; n. 17698/2014).
Tipologie di Mobbing
Pertanto, gli elementi che devono necessariamente sussistere per poter definire quale mobbing una situazione lesiva che si verifica sull’ambiente di lavoro, come delineati dalla giurisprudenza, sono i seguenti:
A. una serie di comportamenti di carattere persecutorio – illeciti, o anche leciti se considerati singolarmente – che vengono tenuti contro la vittima in modo mirato, sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto, o anche da parte di altri dipendenti sottoposti al potere direttivo dei primi.
Nello specifico, con riguardo al rapporto gerarchico tra il responsabile delle condotte e il lavoratore mobbizzato, si rinviene la distinzione fra:
mobbing orizzontale, quando la condotta mobbizzante è realizzata da uno o più colleghi posti allo stesso livello della persona che ne è bersaglio.
mobbing verticale, quando vengono coinvolti soggetti collocati su diversi gradi della scala gerarchica, dovendosi poi ulteriormente operare un distinguo fra:
- mobbing ascendente, quando è un lavoratore di livello più basso ad attaccare un soggetto a lui sovraordinato (ipotesi sicuramente più rara)
mobbing discendente, quando i comportamenti aggressivi e vessatori sono tenuti direttamente dal datore di lavoro o da un superiore gerarchico della vittima (in questi casi si parla anche di “bossing”)
B. Una lesione della salute, della personalità o della dignità del dipendente. In particolare, in caso di pregiudizio all’integrità psicofisica, lo stesso deve essere concreto e, come tale, suscettibile di accertamento medico-legale.
C. Il nesso di causalità tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità. In altre parole, il danno deve essere direttamente riconducibile ai comportamenti di carattere persecutorio-vessatorio.
D. L’elemento soggettivo, cioè un generale intento persecutorio-estromissivo che consente di legare tra loro tutti i singoli comportamenti ostili, così risultando questi ultimi tutti “frammenti” di un disegno unitario volto a danneggiare, umiliare e mortificare il lavoratore vittima di mobbing.
Mobbing, Quali sono i segnali di Allarme
La prassi consente di individuare diversi fenomeni specifici e condotte particolari – spessoillecite o al limite del lecito – che rappresentano veri e propri “segnali d’allarme” del mobbing:
-
- Un trattamento diverso e deteriore nei confronti del lavoratore mobbizzato. Spesso si tratta di una vera e propria discriminazione, che si concretizza anche in forme di esclusione o di indifferenza.
- Aggressioni e violenza verbale. Insulti, ingiurie, minacce, grida e ogni altra tipologia di maltrattamento verbale, che il più delle volte avvengono in assenza di colleghi o in presenza di altri lavoratori compiacenti.
- Contegno omissivo. In particolare, rilevano i casi in cui i colleghi o i superiori ingiustamente evitano di riferire informazioni necessarie e/o fondamentali per l’attività che il lavoratore mobbizzato deve svolgere, al solo scopo di poter incolpare quest’ultimo di negligenza professionale o di scarso interesse per il lavoro.
- Ridicolizzazione del lavoratore vittima. Tra le forme più sgradevoli di umiliazione, consiste nel prendersi gioco del dipendente mobbizzato e nel disprezzarlo attraverso la derisione e il discredito del lavoro da lui svolto, in presenza di colleghi e superiori.
- Diffamazione. Il mobbing spesso si manifesta attraverso comportamenti che mirano a rappresentare negativamente il lavoratore-vittima, sia a livello umano che professionale, anche tramite narrazione di fatti inventati al solo scopo di screditare il dipendente mobbizzato.
- Pressione lavorativa. Esempi classici sono l’assegnazione di una mole di lavoro eccessiva, da svolgere nel minor tempo possibile o, addirittura, l’attribuzione di compiti e progetti irrealizzabili, al solo fine di incrementare lo stress lavorativo.
- Limitazione del progresso professionale. Si fa riferimento a tutti i casi in cui le iniziative e i progetti del lavoratore mobbizzato vengono ingiustamente e immotivatamente respinte, così pregiudicando la sua carriera e la sua crescita professionale.
- Sottovalutazione e svalutazione del lavoro svolto. Si tratta di una forma di discredito comportante l’assegnazione di compiti diversi da quelli abitualmente svolti o nella sottrazione indebita di responsabilità lavorative.
Se nell’ambiente di lavoro riscontri frequentemente la presenza di questi “segnali d’allarme”, potresti essere vittima di mobbing.
Una consulenza presso un legale esperto nel diritto del lavoro può consentirti di analizzare compiutamente la tua situazione e di verificare la sussistenza di tutti i presupposti delineati dalla giurisprudenza per definire propriamente come mobbing la situazione che stai vivendo, così da ottenere la cessazione delle condotte ostili e persecutorie e il risarcimento del danno.
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