Cosa Prevede La Normativa In Vigore Per I Contratti a Termine e Cosa Chiede la CGIL? 

CONTRATTI A TERMINE, L’evoluzione NEL MONDO DEL LAVORO

Negli ultimi decenni, il mondo del lavoro ha subito profondi cambiamenti, e i contratti a termine hanno avuto un ruolo fondamentale in questo processo di riorganizzazione. Il ricorso a tale contratto è diventato sempre più diffuso per le aziende, in quanto risponde alla necessità di maggiore flessibilità e alle dinamiche economiche in continua evoluzione.

Ma non è sempre stato così, anzi. Tradizionalmente, il diritto del lavoro italiano ha cercato di limitare il ricorso a tale tipologia di contratto, considerandolo un fattore di precarietà e instabilità occupazionale.

La storica legge l. 230/1962 aveva stabilito che il contratto a tempo indeterminato fosse la forma ordinaria di rapporto di lavoro. Il contratto a termine era, quindi, ammesso solo in presenza di causali specifiche e tassative (come attività stagionali, sostituzioni di lavoratori assenti per malattia o maternità, o quando l’assunzione fosse legata all’esecuzione di un’opera o di un servizio straordinario e temporaneo).

Solo successivamente, la normativa ha acquisito una maggiore flessibilità, consentendo ai contratti collettivi di prevedere causali aggiuntive, giungendosi poi – con il D. Lgs. 368/2001 (che ha abrogato la l. 230/1962) – all’introduzione di una causale generale, legata a “ragioni tecniche, organizzative, produttive e sostitutive“.

La liberalizzazione della disciplina dei contratti a termine è proseguita con il Decreto Poletti e il Jobs Act, mentre il Decreto Dignità (d.l. n. 87/2018), sposando una filosofia opposta a quella dei predecessori, ha introdotto nuove restrizioni, ritenendo la flessibilità eccessiva e dannosa per i lavoratori.

Da ultimo, il d.l. 48/2023 (Decreto Lavoro) ha modificato nuovamente le regole. Ha introdotto nuove causali, quali esigenze temporanee, incrementi non programmabili dell’attività, e altre previste dai contratti collettivi, apportando modifiche relative ai rinnovi contrattuali e alle assunzioni sotto i 12 mesi.

Parallelamente, la legge 203/2024, si è concentrata sul rafforzamento della regolamentazione del lavoro, con particolare attenzione alla flessibilità contrattuale con focus sul periodo di prova e sul lavoro agile, alla sicurezza nei luoghi di lavoro e alla formazione dei lavoratori.

Quali sono le caratteristiche attualmente in vigore dei contratti a termine? 

Da questa panoramica si evince come la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato abbia subito numerosi interventi, talvolta sovrapposti e con orientamenti non sempre coerenti tra loro.

Attualmente, il lavoro a termine è disciplinato dal d. lgs. n. 81/2015, così come modificato più recentemente dal citato d.l. n. 48/23 il cui art.1 dispone che “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”, stabilendo, dunque, che il contratto a termine resti un’eccezione.

a) Durata e trasformazione del contratto

L’art. 19 d.lgs. n.81/2015 specifica che quest’ultimo è ammesso solo in particolari circostanze e necessita della forma scritta, prevedendo una durata massima di 12 mesi, estendibili a 24 mesi in caso di necessità specifiche, quali la sostituzione di lavoratori o l’incremento temporaneo dell’attività. Superato il limite di 24 mesi, il contratto si trasforma automaticamente in un contratto a tempo indeterminato.

b) Proroghe e rinnovi

Per quanto concerne le proroghe e rinnovi, esse possono avvenire fino a quattro volte in 24 mesi, con una proroga libera nei primi 12 mesi; oltre tale limite – salvo per le start-up innovative ex art. 21 d.lgs. n. 81/2015- è necessaria una specifica giustificazione

c) Diritti del lavoratore

Il Jobs Act sancisce: 

  • il principio di non discriminazione, secondo cui il lavoratore a termine ha gli stessi diritti dei colleghi a tempo indeterminato relativamente al trattamento economico e normativo (art. 25); 
  • ulteriormente, in caso di assunzione a tempo indeterminato effettuate dal datore entro i successivi 12 mesi, il lavoratore a termine ha diritto di prelazione, qualora egli abbia lavorato per più di sei mesi presso la stessa azienda ex art. 24 d.lgs. n.81/2015; 
  • infine, la normativa prevede l’accesso a opportunità di formazione e il diritto di ricevere la stessa retribuzione per mansioni equivalenti.


    d) Divieti di utilizzo 

L’art. 20 del d. lgs. n. 81/2015 contempla anche determinate fattispecie in cui l’apposizione del termine è vietata, a titolo esemplificativo:

  • in caso di sostituzione di lavoratori scioperanti, oppure; 
  • nel caso in cui siano stati effettuati licenziamenti collettivi che hanno coinvolto lavoratori impiegati nelle stesse mansioni per cui è previsto il contratto a tempo determinato

    e) Sanzioni per irregolarità

Nell’ipotesi di violazione delle disposizioni sui contratti a termine, quali:

  • la mancata forma scritta;
  • l’uso non conforme delle causali.

La legge prevede un regime sanzionatorio particolarmente rigoroso, stabilendo che in seguito all’accertamento di tali vizi, il lavoratore possa ottenere la trasformazione del contratto a tempo indeterminato, con diritto a un’indennità risarcitoria. In merito all’indennizzo, come da ultimo riformato dal D.L. 131/2024, è prevista la possibilità per il Giudice di “stabilire l’indennità in misura superiore se il lavoratore dimostra di aver subito un maggior danno”.

Abbiamo parlato di questo argomento in un precedente articolo.

Proposta referendaria della Cgil 

Nonostante gli sforzi legislativi, la normativa sopra indicata presenta tutt’oggi numerose lacune, tanto che la CGIL ha lanciato una campagna referendaria nel 2024, proponendo cinque quesiti in materia di lavoro.

La raccolta firme ha superato le 500.000 necessarie, e i quesiti sono stati dichiarati ammissibili dalla Corte Costituzionale. Tra le proposte vi è quella di ridurre il lavoro precario, aumentare la sicurezza sul lavoro e migliorare la protezione dei diritti dei lavoratori delle piccole imprese.

Particolarmente significativo è il quesito che attiene alla richiesta di abrogazione di alcune norme che permettono l’uso indiscriminato dei contratti a termine, imponendo la giustificazione per tutti i contratti sotto l’anno e limitando le motivazioni a quelle previste dalla legge o dai contratti collettivi. 

La proposta di abrogazione non altera il testo normativo in modo da creare una disciplina completamente nuova e scollegata dall’attuale contesto legislativo. Si limita ad eliminare una specifica disposizione normativa, lasciando che il resto del quadro legislativo mantenga la sua efficacia anche dopo l’abrogazione.

Pertanto, la Corte Costituzionale, nella sentenza n.14/2025 ha sancito l’ammissibilità del quesito chiarito/illustrato, chiarendo come tale richiesta

mira all’abrogazione della previsione della possibilità di stipulare un primo contratto di lavoro di dodici mesi senza alcuna causa giustificativa, nonché di prorogarlo o rinnovarlo entro il limite di ventiquattro mesi, ovvero di stipularne direttamente uno per un periodo superiore ad un anno, ma inferiore a due, in presenza della condizione della sussistenza di «esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti» (art. 19, comma 1, lettera b, del d.lgs. n. 81 del 2015) in assenza delle previsioni dei contratti collettivi di cui all’art. 51 del medesimo decreto legislativo. L’obiettivo perseguito con tale quesito sarebbe quello di riportare l’utilizzo dei contratti a termine entro limiti più coerenti con la funzione che essi, in armonia con la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999… dovrebbero assolvere: garantire la soddisfazione di esigenze temporanee dell’impresa, nonché restituire alla contrattazione collettiva, … il compito di controllare il rispetto del corretto impiego di tale tipo di contratti da parte delle imprese, anche al fine di ridurre la precarietà dei rapporti di lavoro”.

Contratti a termine, si andrà verso una maggiore stabilità? 

La proposta referendaria mira a ridurre l’abuso dei contratti precari, trasformando molti contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, con l’obiettivo di garantire maggiore stabilità e diritti per i lavoratori.

Sebbene l’iniziativa sia sostenuta da sindacati e lavoratori, le posizioni risultano contrastanti poiché le associazioni datoriali e alcune forze politiche si oppongono, temendo che queste misure possano rallentare le assunzioni e aumentare la burocrazia. 

In definitiva, l’iniziativa referendaria potrebbe rappresentare un passo verso un sistema di lavoro più giusto e protetto, riducendo la precarietà e rafforzando i diritti dei dipendenti.

 

Siamo esperti in diritto del lavoro. Se hai problemi legali in questo ambito puoi chiamarci per un consulto gratuito. Sappiamo come aiutarti. 

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