LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO E LIMITI DELL’OBBLIGO DI REPECHAGE
Ultima Sentenza Della Carte di CaSsazione sull’Obbligo di repechage
La sezione lavoro della Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata sull’estensione del c.d. obbligo di repechage nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Nell’ordinanza n. 1364 dello scorso 20 gennaio, infatti, è stato chiarito che il datore di lavoro deve limitarsi a dimostrare l’inesistenza di posizioni libere compatibili con le mansioni del lavoratore, senza obbligo di estendere la ricerca a posizioni differenti.
Cosa si intende per obbligo di repechage?
Prima di esaminare il principio di diritto affermato dalla Cassazione, è opportuno soffermarsi brevemente in merito all’obbligo di repechage o ripescaggio.
Di creazione giurisprudenziale, costituisce una vera e propria obbligazione gravante sul datore di lavoro nel caso in cui intenda irrogare un licenziamento per giustificato motivo oggettivo nei confronti di un proprio dipendente. In tale ipotesi, prima di procedere al licenziamento, il datore è tenuto a verificare la presenza di posizioni lavorative vuote disponibili in azienda e, se presenti, deve proporre al lavoratore interessato l’assegnazione alle stesse.
Tuttavia, come precisato dalla Corte di Cassazione, non senza limiti.
Il Fatto
Il lavoratore aveva impugnato giudizialmente il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ricevuto, con il quale gli era stata comunicata la soppressione del posto di lavoro cui era adibito.
Ottenute due sentenze favorevoli in primo e secondo grado, nel 2021 la Cassazione ha rinviato il giudizio in appello, affinché la Corte di secondo grado facesse corretta applicazione dei principi in materia di repechage.
La Corte, sulla base di quanto precisato dalla Suprema Corte di legittimità, ha rigettato la domanda di impugnazione del licenziamento. I giudici hanno infatti ritenuto provato l’assolvimento dell’obbligo di repechage da parte della società, sebbene la valutazione di quest’ultima fosse stata effettuata esclusivamente su posizioni disponibili simili a quella del ricorrente.
Le nuove misure giuridicamente vincolanti riguardano un’ampia gamma di questioni: l’abolizione della disparità retributiva, l’eliminazione della discriminazione basata sul genere, il rafforzamento della presenza delle donne nei Consigli di amministrazione e la lotta alla violenza contro le donne.
Cosa dice la nuova ordinanza sull’obbligo di repechage?
La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – si richiama al proprio orientamento maggioritario rilevando che, in ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, l’obbligo di repechage non può imporre al datore di lavoro di creare nuove posizioni o a modificare l’organizzazione aziendale per conservare il posto al lavoratore”.
Infatti, l’obbligo si ritiene assolto attraverso la dimostrazione dell’’assenza di posti liberi compatibili con la professionalità del dipendente licenziato”, non potendo il giudice “imporre al datore di mantenere una posizione di lavoro anche inferiore, poiché si sostituirebbe all’imprenditore nel compito di organizzazione aziendale che a lui compete”.
In altre parole, il doveroso tentativo di ricollocamento del lavoratore nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo ha per oggetto esclusivamente le posizioni che siano compatibili con il bagaglio professionale e con le qualifiche del dipendente interessato, senza dunque dover considerare posizioni inferiori o appartenenti ad altre aree professionali né tantomeno dover “creare” nuove posizioni.
La pronuncia in esame si pone nel solco di una giurisprudenza ormai consolidata in tema di repechage, che ha definito i limiti entro i quali si estende tale obbligo (Cass. n. 23301/2018). Nelle varie pronunce in materia, peraltro la Cassazione ha anche affermato che l’obbligo di repechage non si applica laddove l’adibizione del lavoratore interessato alla posizione libera implicherebbe una specifica formazione aggiuntiva in favore di quest’ultimo.
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