COSA CAMBIA PER I CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO CON IL C.D. “SALVA INFRAZIONI”
Il tema della somministrazione di lavoro, negli ultimi anni, è ampiamente dibattuto, poiché la disciplina nazionale (contenuta nel d.lgs. 276/2003) e la disciplina eurounitaria (di cui alla direttiva n. 2008/104) presentano alcuni punti di divergenza. Su alcuni di questi hanno avuto modo di pronunciarsi i tribunali nazionali e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, mentre ci sono diverse questioni ancora irrisolte, con particolare riferimento al c.d. “staff leasing”, ovverosia la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato.
Il requisito della temporaneità nella recente giurisprudenza
Il 16 settembre 2024 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.L. 131/2024, che introduce modifiche significative in tema di contratti a tempo determinato, con riguardo sia al settore privato che a quello pubblico.
Ci siamo già soffermati sulle novità legislative riguardanti il lavoro a termine, con particolare riferimento al tema delle causali previste dalla legge per il rinnovo del contratto.
La principale innovazione del D.L. 131/2024 attiene invece all’indennità risarcitoria riconosciuta al lavoratore in caso di trasformazione giudiziale del contratto a termine illegittimo in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Il provvedimento, inoltre, modifica la disciplina dell’indennità risarcitoria in caso di contratto a tempo determinato illegittimo anche nell’ambito del rapporto pubblico.
Il decreto in esame è informalmente chiamato “salva infrazioni”, poiché è stato emanato al fine di conformare la disciplina interna alla normativa europea, in particolare a seguito della procedura di infrazione n 2014/4231. Con tale procedura, la quale la Commissione UE ha invitato l’Italia a prevenire l’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato e ad evitare condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico, contravvenendo alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio.
La disciplina precedente alla riforma
Prima dell’entrata in vigore del decreto “salva infrazioni”, la normativa prevedeva che l’accertamento giudiziale dell’apposizione illegittima di un termine al contratto di lavoro comportasse, quali conseguenze:
- la trasformazione del rapporto di lavoro in un rapporto a tempo determinato, con obbligo di immediata reintegra in servizio del lavoratore da parte del datore di lavoro;
- la condanna del datore di lavoro al pagamento, in favore del lavoratore, di un’indennità risarcitoria compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR).
In sostanza, era prevista una limitazione inderogabile all’importo massimo indennizzabile in favore del lavoratore, a ristoro del danno da quest’ultimo subito per effetto del termine illegittimo apposto al contratto di lavoro.
La disciplina post riforma
Il D.L. 131/2024 interviene modificando proprio questo aspetto, eliminando l’inderogabilità del limite massimo di 12 mensilità e introducendo la possibilità, per il Giudice, di valutare e liquidare liberamente il pregiudizio subito dal lavoratore a causa del comportamento illegittimo del datore di lavoro.
Nella disposizione di riferimento (art. 28, co. 2 , D.lgs. 15 giugno 2015, n. 81) Il testo della normativa inserisce infatti l’inciso per cui “resta ferma la possibilità per il giudice di stabilire l’indennità in misura superiore se il lavoratore dimostra di aver subito un maggior danno”.
In tal modo, viene riconosciuta la Giudice la possibilità di tener conto delle circostanze specifiche del caso concreto nella determinazione del danno, attribuendo un peso economico ad ogni conseguenza pregiudizievole subita dal lavoratore a causa dell’illegittima apposizione del termine al contratto di lavoro. Viene meno, in altre parole, ogni “automatismo risarcitorio”, con la logica conseguenza che il datore di lavoro non ha più la possibilità di prevedere, in anticipo, il “massimo costo” che l’assunzione illegittima di un lavoratore a tempo indeterminato gli comporterebbe.
Quella appena esaminata non è l’unica novità del D.L. 131/2024 nella direzione del favor lavoratoris. Il provvedimento, infatti, ha abrogato il successivo comma 3 dell’art. 28, D.L. 81/2015: tale disposizione prevedeva che, in caso di contratti collettivi che imponevano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennizzo pari a 12 mensilità fosse dimezzato.
Novità per il pubblico impiego
Per quanto invece riguarda il settore pubblico, rimane fermo il principio statuito dall’art 36, co. 5, D.Lgs 165/2001, secondo cui la violazione delle norme imperative in materia di assunzioni o impiego dei lavoratori non possa mai determinare la costituzione di rapporti a tempo indeterminato con le Pubbliche Amministrazione.
Tuttavia, anche nel caso di rapporto di pubblico impiego, il D.L. 131/2024 ha introdotto la possibilità, per il Giudice, di parametrare l’importo risarcitorio al danno effettivamente subito dal lavoratore, riconoscendo un risarcimento maggiore rispetto all’indennità prevista.
In particolare, nel caso di rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione l’indennità risarcitoria per illegittima apposizione del termine al contratto era ricompresa fra le 4 e le 24 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Attualmente, invece, qualora il lavoratore dimostri in giudizio di aver subito un maggior danno, il Giudice può superare il predetto limite massimo.
In definitiva, le novità introdotte dal D.L. “salva infrazioni” – eliminando una forma di automatismo risarcitorio – rafforzano i poteri del Giudice e la flessibilità nelle condanne al risarcimento del danno, in una prospettiva di indubbio favore per il lavoratore, giustificata dalla necessità di adeguare il ristoro economico al pregiudizio realmente subito (e dimostrato) da quest’ultimo, nel pieno rispetto della funzione “compensativa” del risarcimento prevista dal nostro ordinamento.
L’eliminazione del limite massimo risarcitorio in caso di illegittima apposizione di un termine al contratto di lavoro, oltre ad apparire – almeno in teoria – un valido deterrente contro gli abusi dei contratti di lavoro a termine, si pone per ratio nel solco delle recenti novità introdotte dalla Corte Costituzionale in materia di conseguenze sanzionatorie per licenziamenti illegittimi facendo venire meno, pur nella diversa ipotesi del contratto a tempo determinato illegittimo, la previsione di un’indennità in misura praticamente fissa e prevedibile in anticipo dal datore di lavoro.
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